Cos'è la sharing mobility e perché conviene
Una mobilità condivisa, più sostenibile e smart: la sharing mobility si fa spazio in tutto il mondo e cambia il concetto di mobilità, che oggi, sempre più spesso, ruota intorno alla condivisione dei mezzi usati per spostarsi: dalle auto elettriche ai monopattini, passando per le e-bike.
Sharing mobility: cos’è
La sharing mobility o mobilità condivisa, si riferisce a un nuovo modello di mobilità urbana basato sulla condivisione tra più persone di mezzi o servizi di trasporto per spostarsi da un luogo all’altro della città.
Se da un lato troviamo sempre più individui propensi a preferire l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità invece dell’uso di un proprio mezzo di trasporto, dall’altro lato assistiamo a una diffusione crescente dell’offerta di servizi di mobilità che utilizzano le piattaforme digitali o le App dedicate per facilitare la condivisione di veicoli e/o tragitti.
Ma come funziona?
La sharing mobility consiste nel:
- geolocalizzare il veicolo o il driver attraverso una App,
- prenotarlo,
- pagarlo per il servizio di trasporto.
Una forma quindi di mobilità sostenibile e agile che determina un nuovo comportamento sociale in linea con l’esigenza di vivere in città più green, smart e libere dal traffico.
La mobilità condivisa fa parte inoltre del concetto più ampio di sharing economy, in cui il possesso tende a fare spazio all’accesso (a beni e servizi), che si rivela più conveniente sia dal punto di vista ambientale che economico. Le persone oggi usano sempre meno la propria auto a favore del noleggio a ore di biciclette, scooter, monopattini, auto elettriche e non, prese a noleggio tramite piattaforme. E non è raro che decidano di mettere anche il proprio mezzo in condivisione con gli altri.
Origini e diffusione della sharing mobility
La filosofia della sharing mobility in Italia è nata solo in anni recenti, ma per risalire a una prima forma di mobilità condivisa bisogna tornare indietro fino al 1998.
- Il concetto fu introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico dal Decreto del Ministro dell’Ambiente del 27 marzo 1998, che parlava di “servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture” e “forme di multiproprietà delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone”.
- Nel corso degli anni 2000, il carsharing e, in generale, la mobilità condivisa, sono state al centro di una crescente azione di promozione e finanziamento attraverso l’intervento pubblico: lo scopo era quello di scoraggiare l’uso dell’auto privata e ridurre l’inquinamento nelle città.
- Oggi con l’avvento del digitale e l’arrivo sul mercato di operatori di sharing mobility, il fenomeno ha subito un cambiamento radicale assumendo le forme di un business sempre più diffuso e destinato a cambiare le nostre abitudini.
Forme di sharing mobility
La sharing mobility include diversi tipi di servizi. Eccoli nel dettaglio.
- Bike sharing. Il servizio permette di noleggiare una bicicletta (o, più spesso, bici elettriche) tramite App e di utilizzarla per un determinato periodo di tempo. È possibile prenderla in prestito per brevi spostamenti e lasciarla dove si preferisce, senza bisogno di tornare allo stallo (il cosiddetto free floating), oppure si può affittare la bici per periodi più lunghi tramite un servizio di abbonamento (station based). Se il primo tipo di servizio consente una più facile individuazione delle bici a disposizione, il secondo invece ha il vantaggio di mettere a disposizione una flotta di migliore qualità e più adatta a percorrere percorsi più lunghi.
- Car sharing. È uno dei servizi di mobilità condivisa più diffuso nelle nostre città, consente all’utente di affittare un’auto o un’auto elettrica tramite App, utilizzarla per un tempo limitato e pagare solo per l’uso effettivo. Il modello più comune è quello del free floating che permette di parcheggiare le auto ovunque all’interno dell’area coperta dal servizio e di prenotarle, anche a distanza di tempo, per assicurarsene la disponibilità nel momento in cui servirà; in questi casi, le tariffe del car sharing vengono stabilite nel contratto di noleggio. Di recente però si sono aggiunte altre modalità di car sharing come quella peer to peer, che comporta la condivisione di veicoli tra privati: ad esempio un cittadino che mette a disposizione la propria auto quando non viene utilizzata. Ma esistono anche servizi di car pooling, ovvero l’uso condiviso di veicoli privati tra due o più persone, che condividono lo stesso viaggio o anche solo una parte di esso. Consente di sfruttare passaggi e dividere le spese del carburante con il conducente ed, eventualmente, anche con altri passeggeri, senza finalità di lucro.
- Scooter sharing. Consente di utilizzare in condivisione mezzi a due ruote. Funziona come il car sharing: la moto più vicina può essere cercata, noleggiata tramite app e utilizzata per un periodo di tempo limitato per poi essere riconsegnate in qualsiasi area raggiunta dal servizio. Solitamente l’azienda che mette a disposizione lo scooter fornisce anche il casco (che si trova in genere nel bauletto); i veicoli sono progettati per non superare il limite di 90 km/h e in caso di incidente è prevista l’attivazione di un sistema satellitare. Si tratta di scooter per la maggior parte elettrici (electric sharing mobility), che permettono di circolare in città senza emettere sostanze inquinanti.
- Monopattino sharing. I monopattini elettrici sono diventati i protagonisti indiscussi della micro-mobilità condivisa soprattutto negli ultimi anni, basti pensare che nel 2021 hanno rappresentato la metà dei noleggi totali fatti in Italia, circa 17,8 milioni. Il servizio funziona come per le bici o gli scooter.
Perché la mobility sharing conviene?
I vantaggi offerti da una mobilità condivisa sono innegabili. Vediamo i principali.
- Riduzione del traffico. Non usare un proprio mezzo di trasporto a favore di un tipo di mobilità condivisa, riduce il numero complessivo di auto in circolazione e contribuisce a diminuire la congestione del traffico. Meno auto private in circolazione significa quindi anche meno congestione stradale.
- Minore impatto ambientale. Meno veicoli in circolazione vuol dire ridurre le emissioni di CO2 nell'atmosfera e migliorare la qualità dell'aria nelle città. La sharing mobility svolge un ruolo cruciale, quindi, nella lotta al cambiamento climatico e, non solo grazie alla riduzione del numero di mezzi sulle strade, ma anche perché la mobilità condivisa si conferma ad oggi come soluzione di green mobility. Secondo i dati condivisi dall’ultimo Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility, infatti, il 94,5% dei veicoli in condivisione è già a zero emissioni in quanto composta da veicoli completamente elettrici o senza motore. Come la gran parte delle biciclette in sharing, anche il carsharing vanta una quota di auto elettriche sopra il 20%.
- Risparmio economico. Si stima che un cittadino, che per muoversi in città sceglie di usare la propria bicicletta, o i servizi di trasporto pubblico e sharing mobility, potrebbe risparmiare fino a 3.800 euro l’anno rispetto alla scelta di usare i mezzi tradizionali come l’auto. La sharing mobility può essere più conveniente rispetto all'acquisto, al possesso e alla manutenzione di un veicolo privato, che comporta costi di gestione come assicurazione, carburante e manutenzione.
Concludendo, la sharing mobility conviene perché permette di ottimizzare l'uso dei mezzi di trasporto, riducendo costi individuali, congestione urbana e le emissioni di gas serra.
E tu, che impatto hai sull’ambiente?