Cos'è la sharing economy, come funziona e perché conviene
La sharing economy, o economia della condivisione, ha caratterizzato la riprese economica degli ultimi anni. Ma di cosa si tratta? Qual è il suo significato? E quali sono i vantaggi per la collettività? Proviamo a capirlo insieme in questa guida, ripercorrendo gli esempi più vincenti di sharing economy.
Sharing economy: definizione
Peer-to-peer economy, economia collaborativa, gig economy o consumo collaborativo: comunque la si voglia definire, la sharing economy è un nuovo modello economico e culturale basato sulla condivisione, l’accesso o lo scambio (gratis o a pagamento) di beni, servizi e risorse attraverso piattaforme digitali. Contribuisce a incoraggiare nuove forme di consumo consapevole e consente un uso più efficiente delle risorse prediligendo, all’acquisto e al possesso, l’utilizzo, lo scambio e l’accesso a beni e servizi condivisi.
Origini della sharing economy
L’espressione “sharing economy” fu probabilmente usata per la prima volta nel 1978 nell’articolo "Community Structure and Collaborative Consumption: A routine activity approach" di Marcus Felson e Joe. L. Spaeth pubblicato sull’American Behavioral Scientist.
Forme di condivisione economica sono sempre esistite, ma il concetto ha guadagnato popolarità negli ultimi anni grazie alla recente rivoluzione digitale e alla crescente diffusione di nuove tecnologie, piattaforme e App che hanno reso possibile la condivisione di beni e servizi tra le persone a livelli prima inconcepibili. Un nuovo modello di consumo basato dunque sulla partecipazione attiva e la condivisione di prodotti e servizi tra cittadini, che senza tecnologia probabilmente non esisterebbe. Perché il modello funzioni, basta un sito web o un’app, che possa mettere l’utente in contatto con gli altri, permettendogli di condividere un bene o servizio (un auto, una camera, etc).
C’è chi individua il primo esempio di sharing economy in eBay, il famoso sito di vendita e aste online fondato il 3 settembre 1995 in California. Ma in Italia la sharing economy si è sviluppata un po’ a fatica: eBay è arrivato nel nostro paese solo nel 2001 e bisognerà aspettare gli anni più recenti per assistere a un boom di richieste nel settore che ha visto un netto incremento di alcune attività in particolare legate all’ospitalità, al settore alimentare e ai servizi per lo spostamento.
Sharing economy: esempi
Vediamo alcuni degli esempi più popolari di sharing economy.
- Sharing mobility. tramite piattaforme o App di bike-sharing o car-sharing, le persone si spostano condividendo auto, bici, scooter o monopattini elettrici. Si tratta di una mobilità sostenibile che riduce così il numero complessivo di veicoli in circolazione. È il caso ad esempio di BlaBlaCar, la startup che consente agli utenti di scambiare passaggi in auto, o della più celebre Uber che, tramite App o sito, permette alle persone di usare la propria auto per dare passaggi ad altri cittadini, che potranno controllare e seguire in tempo reale la posizione dell’auto prenotata e usufruirne a prezzi molto competitivi.
- Alloggi condivisi. Basti pensare a tutte le piattaforme che consentono alle persone di affittare stanze o case a breve termine, sfruttando al massimo gli spazi disponibili e offrendo un'alternativa agli hotel tradizionali. Airbnb è il simbolo della sharing economy nel settore dell’ospitalità diffusa: tramite sito o App, chi è in cerca di un alloggio entra in contatto con le persone che dispongono di uno spazio extra da affittare. Il modello, ideato nel 2007 da due giovani inquilini neolaureati in difficoltà economiche che iniziarono a pubblicare annunci per affittare i posti letto del loro appartamento e pagare l’affitto, oggi è diventato un vero e proprio business che ha cambiato per sempre il volto dell’hotelerie.
- Lavoro freelance. Un esempio sono le piattaforme come Upwork, Fiverr, ProntoPro, che consentono ai lavoratori autonomi di offrire le proprie competenze professionali a diverse aziende o individui senza un contratto o un rapporto di dipendenza. Per utilizzarle basta registrarsi (sia per chi cerca un lavoro, sia per chi lo vuole offrire): un esempio di professionisti sono i copywriter, i social media manager, gli specialisti SEO e i video maker.
- Condivisione di spazi di lavoro. Sono i cosiddetti spazi di coworking: imprenditori e lavoratori autonomi condividono spazi di lavoro e uffici, riducendo i costi di affitto, fornendo un ambiente di lavoro collaborativo e avviando spesso un percorso di condivisione e contaminazione delle conoscenze e delle esperienze. Utilizzando piattaforme come Impact Hub, Wework o Copernico, si potrà prenotare una sala conferenze o uno spazio per disporre di un servizio di accoglienza clienti.
- Food Delivery. È il mondo delle consegne di cibo a domicilio, dove un portale online e un’App permettono di ordinare e avere pietanze a domicilio sia da fast food sia da ristoranti gourmet, attraverso fattorini (dotati di bicicletta, scooter o auto).
Operatore sharing economy: cosa fa
Chiunque offra attraverso un piattaforma peer to peer un bene o un servizio a un utilizzatore finale può definirsi un operatore di sharing economy. Lo sono ad esempio gli host di Airbnb, o i conducenti di Uber che dall’attività di sharing ottengono un guadagno.
- In alcuni Paesi, come Stati Uniti o Spagna, la sharing economy è regolamentata da leggi ad hoc.
- La stessa Comunità Europea prevede l’obbligo di IVA per tutte le attività svolte nell’economia di condivisione, compreso il rapporto tra il cliente e l’operatore del servizio di sharing.
- In Italia non esiste una normativa specifica. Nel nostro Paese un operatore di sharing dovrà quindi fare riferimento alla normativa che regola il lavoro autonomo.
In assenza di un contratto, chi offre un’attività di sharing tramite una piattaforma peer-to-peer, è da considerarsi come lavoratore autonomo. Se l’attività viene svolta in forma professionale e continuativa, l’operatore dovrà aprire una Partita IVA; se invece hai deciso di condividere la tua casa con turisti e viaggiatori in modo saltuario, aprire un Partita IVA non sarà necessario perché l’attività rientrerà tra quelle a carattere occasionale e non verrà applicata nessuna tassazione sul reddito aggiuntivo.
L’unica proposta di legge per regolamentare il settore risale a quella presentata il 2 marzo 2016 da alcuni deputati dell’Intergruppo Parlamentare per l’Innovazione Tecnologica, ma ha finito per arenarsi e non ha mai visto la luce.
Uno degli aspetti più controversi riguarda i lavoratori della Gig economy come autisti o rider, spesso prigionieri di un sistema che proprio nella sua natura precaria e occasionale rivela le sue criticità.
Vantaggi della sharing economy
I vantaggi di un’economia collaborativa sono innumerevoli, ecco i principali:
- Riduzione dei costi. I consumatori hanno la possibilità di accedere a beni e servizi a costi inferiori rispetto all'acquisto di prodotti nuovi o all'utilizzo di servizi tradizionali. Invece di possedere un'auto la si può condividere tramite forme di car sharing, che possono rivelarsi spesso più economiche.
- Massimizzazione delle risorse. La sharing economy permette di utilizzare in modo più efficiente le risorse esistenti. Oggetti o spazi sottoutilizzati, come auto private, stanze vuote o attrezzi, possono essere condivisi con altre persone, evitando così uno spreco di risorse.
- Maggior accessibilità. Aumentano le possibilità di accedere a beni e servizi altrimenti difficili da ottenere. Persone che non potrebbero permettersi di acquistare determinati beni possono ora usufruirne grazie alla condivisione.
- Riduzione dell'impatto ambientale. Riducendo la necessità di possedere oggetti che vengono utilizzati solo occasionalmente, la sharing economy contribuisce a ridurre l'eccesso di produzione e il conseguente impatto ambientale.
- Maggior connessione sociale. La collaborazione e la condivisione di beni e servizi tra persone, contribuisce a promuovere un maggiore senso di comunità e solidarietà.
- Opportunità di guadagno extra. L’economia collaborativa permette di guadagnare denaro extra condividendo le proprie risorse o offrendo servizi tramite piattaforme online.
- Innovazione e flessibilità. La natura digitale della sharing economy permette una rapida innovazione e adattabilità alle esigenze dei consumatori. Le piattaforme possono svilupparsi e aggiornarsi più velocemente rispetto ai modelli economici tradizionali.
- Valorizzazione dei prodotti. Dal possesso all’accesso, promuovendo un consumo più consapevole basato sullo scambio di beni e servizi; la condivisione e il riutilizzo restituiscono valore a prodotti e servizi che diversamente verrebbero sprecati.
Come abbiamo visto, la sharing economy è estremamente vantaggiosa anche dal punto di vista ambientale, poiché favorisce un migliore utilizzo delle risorse, riducendo sprechi e l'eccessivo consumo di beni, contribuendo così a diminuire l'impatto ambientale complessivo.
E tu, che impatto hai sull’ambiente?