L’emergenza energetica ha messo l'Europa davanti alla necessità di sopperire alla carenza di gas, cercando altrove delle soluzioni alternative. L’Italia, tra le varie alternative, ha scelto anche di percorrere la via dei rigassificatori, enormi piattaforme capaci di trasformare il gas dallo stato liquido a quello gassoso. In questa guida scopriamo meglio di cosa si tratta, a cosa serve un rigassificatore, come funziona, qual è il suo impatto sull'ambiente e quanti rigassificatori ci sono nel nostro Paese.

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Cos'è e come funziona un rigassificatore

Cos'è e come funziona un rigassificatore

L’emergenza energetica ha messo l'Europa davanti alla necessità di sopperire alla carenza di gas, cercando altrove delle soluzioni alternative. L’Italia, tra le varie alternative, ha scelto anche di percorrere la via dei rigassificatori, enormi piattaforme capaci di trasformare il gas dallo stato liquido a quello gassoso. In questa guida scopriamo meglio di cosa si tratta, a cosa serve un rigassificatore, come funziona, qual è il suo impatto sull'ambiente e quanti rigassificatori ci sono nel nostro Paese.

Cos'è un rigassificatore e a cosa serve

Con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, l'Italia e l'Europa si sono ritrovate a fare i conti con il razionamento energetico e l'urgenza di dover trovare soluzioni alternative per l’approvvigionamento di gas.

Tra le vie alternative adottate sino ad ora dal nostro Paese per garantire un sufficiente approvvigionamento di gas c’è il ricorso alle navi rigassificatore o FSRU, ovvero rigassificatori galleggianti: si tratta di piattaforme mobili capaci di accogliere il Gas Naturale Liquefatto (GNL) proveniente da ogni parte del mondo (principalmente Qatar, Algeria, Stati Uniti, Egitto e Nigeria) per poi trasformarlo dallo stato liquido a quello originario gassoso. Il gas ottenuto viene successivamente immesso sulla rete nazionale attraverso i gasdotti, consentendone il normale utilizzo ai consumatori finali. 

Ma perché il gas si trova in forma liquefatta? Semplice: la forma liquida agevola il trasporto via nave, operazione che non sarebbe economicamente sostenibile se effettuata con il gas nella sua forma naturale, il cui volume è di almeno 600 volte superiore. Spetta poi ai rigassificatori invertire il processo, trasformando nuovamente il gas liquido nel suo stato originario gassoso.

Tipologie di rigassificatore

Oggi esistono quattro tipologie di rigassificatori, diverse in base alla tecnologia utilizzata e ai siti in cui vengono costruiti: 

  1. Rigassificatori Onshore. Sono i più diffusi, si tratta di impianti costruiti sulla terraferma, in prossimità di grandi aree portuali o al loro interno, dotati di serbatoi in cemento per lo stoccaggio del GNL arrivato via nave. In queste strutture vi sono degli scambiatori di calore che si occupano di riportare il GNL allo stato gassoso prima di immetterlo nella rete di distribuzione nazionale.  
  2. Rigassificatori Offshore GBS (Gravity Based Structure). La tecnologia usata è la più innovativa, in questo caso il rigassificatore è una struttura in cemento armato costruito a largo della costa e poggiato sul fondale marino. È una vera e propria isola artificiale dove le navi possono attraccare per scaricare il GNL all'interno di appositi serbatoi di stoccaggio. Da questo momento in poi parte il processo di trasformazione del GNL in gas da immettere nella rete di distribuzione attraverso dei condotti sottomarini.  
  3. Rigassificatori Offshore galleggianti FSRU (Floating Storage and Regasification Units). Anche in questo caso l'impianto si trova a largo della costa, la struttura però non poggia sul fondale, ma galleggia (si parla infatti di rigassificatore galleggiante). Si tratta di vere e proprie navi dotate di enormi serbatoi e ancorate stabilmente al fondo, a cui attraccano le metaniere per scaricare il gas liquefatto. Questo tipo di piattaforma è in grado di riconvertire il GNL in gas e di immetterlo in rete per poi distribuirlo all'utente finale. 
  4. Rigassificatori Offshore Gateway. Questo tipo di rigassificatori utilizza una tecnologia sviluppata e commercializzata dalla Excelerate Energy, una società texana produttrice di navi metaniere. La novità è che la nave funge sia da mezzo di trasporto che da rigassificatore: il processo di trasformazione del gas da liquido a gassoso avviene infatti a bordo della stessa nave che si occupa anche del suo trasferimento.

Come funziona un rigassificatore

Il processo di rigassificazione del GNL, che comporta la riconversione del gas dallo stato liquido a quello gassoso, avviene tramite variazione della temperatura e si articola in diverse fasi. 

  • Il GNL trasportato dalle navi metaniere viene stoccato in appositi serbatoi a pressione ambiente e una temperatura di -162 gradi (necessaria per mantenere lo stato liquido). 
  • Dopo lo stoccaggio nei rigassificatori a largo delle coste, inizia per il GNL la rigassificazione vera e propria grazie a uno scambiatore di calore, ovvero un sistema che permette di scambiare calore tra due fluidi, GNL e acqua marina. Nello specifico il GNL viene fatto scorrere all'interno di tubature immerse in una vasca di acqua marina a temperatura ambiente. La differenza di temperatura tra i due fluidi è sufficiente a riscaldare il GNL e a riportarlo a uno stato gassoso.  
  • A questo punto il gas è pronto per essere immesso nella rete di distribuzione nazionale ed usato per produrre energia. 

Rigassificatori in Italia

Attualmente in Italia sono presenti tre impianti di rigassificazione funzionanti: 

  1. Rigassificatore di Panigaglia in Liguria. Attivo dagli anni ’70, è l'impianto più vecchio. È una struttura onshore con capacità massima di 3,5 miliardi di metri cubi all’anno e appartiene a Snam, la società che gestisce la rete di gasdotti italiana. 
  2. Rigassificatore di Rovigo. In mare, a poca distanza da Porto Vigo, si trova invece il più grande dei tre impianti di rigassificazione italiani, l'Adriatic Lng. È un rigassificatore galleggiante (offshore) e ha una portata massima di 9 miliardi di metri cubi. È in funzione dal 2009 e a gestirlo è una società  composta per il 70% dalla compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil, per il 23% dall’azienda petrolifera statale qatariota Qatar Petroleum, per il restante 7% da Snam. 
  3. Rigassificatore di Livorno. È un FSRU al largo della costa tra Livorno e Pisa. Può arrivare a immettere in rete fino a 3,75 miliardi di metri cubi, che dovrebbero aumentare a 5 miliardi. 

Per potenziare la rete di rigassificazione nel nostro Paese, il Governo ha deciso di aggiungere a quelli esistenti due nuovi impianti: si tratta del rigassificatore di Piombino e il rigassificatore di Ravenna, ambedue galleggianti e ciascuno con una capacità di 5 miliardi di metri cubi. Entrambi verranno rimossi dopo tre anni di servizio

  1. Rigassificatore di Piombino. A Piombino la nave rigassificatrice Golar Tundra acquistata da Snam per circa 330 milioni è entrata in funzione a luglio 2023, nonostante la mobilitazione dei cittadini e della politica locale, e si stima che sarà in grado di contribuire da sola al 6,5% del fabbisogno energetico nazionale. Tra tre anni verrà con ogni probabilità spostata a Vado, dove i comitati cittadini sono già in allarme.  
  2. Rigassificatore di Ravenna. Per quanto riguarda il rigassificatore di Ravenna l'iter di approvazione è stato meno tormentato: qui Snam ha acquistato la nave di stoccaggio e rigassificazione BW Singapore che dovrebbe entrare in attività nell'autunno del 2024, esattamente a 8 km da Punta Marina nell'Alto Adriatico. L'investimento è di circa un miliardo di euro: metà delle spese sono servite per l'acquisto della nave, il resto invece verrà usato per costruire un metanodotto di 32 chilometri per collegare l'impianto alla rete nazionale esistente. Tra gli interventi di compensazione, anche un bosco di 100 ettari. 

Rigassificatori in Italia: pro e contro 

Il principale vantaggio dei rigassificatori sta nel fatto che rappresentano la soluzione più rapida per sopperire all’improvvisa carenza di gas che si è presentata dopo lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina.  

I rigassificatori sono però ancora oggi al centro di un acceso dibattito per le criticità legate al loro impiego. Le obiezioni sono le stesse che hanno portato diversi comitati cittadini a dire no al rigassificatore di Piombino o ad altri impianti. 

Vediamo le principali svantaggi

  • Impatto ambientale. Come qualsiasi altra infrastruttura industriale, i rigassificatori possono avere un impatto ambientale significativo (come le emissioni di gas serra e l'interferenza con gli ecosistemi marini), che può variare in base alla loro progettazione, alle tecnologie utilizzate e alla gestione ambientale associata. 
  • Consumo energetico. Il processo di rigassificazione richiede l'uso di energia, spesso fornita da fonti fossili, come il gas naturale o il carbone. Questo consumo energetico può avere un impatto significativo sul bilancio energetico e sulle emissioni di gas serra del rigassificatore. 
  • Sicurezza. Una delle critiche riguarda i rischi per la sicurezza. Tali rischi comprendono possibili perdite di gas, esplosioni, incendi e emissione di sostanze inquinanti, che possono avere impatti ambientali gravi. 
  • Effetti sulla comunità locale. I rigassificatori sono spesso situati vicino a comunità umane. Le operazioni del rigassificatore, tra cui il rumore, il traffico e le emissioni, possono avere effetti negativi sulla qualità della vita delle persone nelle vicinanze. 
  • Turismo. Le navi metaniere che trasportano GNL agli impianti di rigassificazione potrebbero interferire con il traffico turistico. 
  • Itticoltura. A causa dell'innalzamento della temperatura dell'acqua marina circostante dovuto al rilascio di acqua calda utilizzata nel processo di rigassificazione, un rigassificatore può interferire con gli ecosistemi marini e con l'attività di itticoltura, preziosa per l'economia locale. 

Impatto ambientale dei rigassificatori

A preoccupare maggiormente è però l'impatto che un rigassificatore può avere sull'ambiente sotto tre diversi aspetti

  1. Scarichi idrici. Un rigassificatore opera a ciclo aperto, in sostanza preleva l'acqua di mare necessaria al processo di rigassificazione e la reimmette in mare. Il timore è che lo sbalzo termico possa nuocere all'ecosistema marino. Inoltre, per evitare che crescano alghe all’interno dell’acqua marina usata nelle vasche, viene inserito dell’ipoclorito di sodio, un disinfettante (principale componente della candeggina) che può avere effetti negativi sull’ambiente. 
  2. Emissioni di gas serra. Le principali emissioni sono quelle legate ai fumi di scarico delle caldaie, alimentate a loro volta da gas naturale. Si tratta soprattutto di ossidi di azoto (NOx), presente in concentrazioni non trascurabili (centinaia di milligrammi/metro cubo), e di anidride carbonica (CO2). Situazione che si complica ulteriormente soprattutto se l’energia necessaria per il processo di rigassificazione proviene da fonti non rinnovabili (come il petrolio o il carbone). 
  3. Inquinamento acustico. A destare preoccupazione è anche l'impatto che il rumore emesso da un rigassificatore in funzione può avere sulla fauna marina, sull'intero ecosistema e, non ultimo, sulle vicine comunità umane. 

L'impatto ambientale di un rigassificatore dipende da diversi fattori, ma può essere gestito e mitigato attraverso:

Sappiamo bene quanto sia importante produrre energia, ma oggi la priorità sta nel farlo nel modo giusto, puntando alla transizione energetica. Un processo fondamentale in cui anche ENGIE sta svolgendo un ruolo fondamentale in Italia, con diversi importanti progetti che contribuiscono al Piano Energia e Clima 2030 (PNIEC) per la decarbonizzazione del nostro Paese. 

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