Esaminando bene la bolletta dell’energia elettrica è possibile trovare la dicitura energia reattiva in opposizione all’energia attiva. Normalmente rilevata in quantità trascurabile, l’energia reattiva può diventare un problema quando supera una certa soglia. In questo articolo, vediamo la differenza tra energia attiva e reattiva, la sua definizione, il costo che può avere in bolletta e come ridurla qualora fosse troppo alta.

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Cos’è l’energia reattiva e quanto pesa in bolletta

Cos’è l’energia reattiva e quanto pesa in bolletta

Esaminando bene la bolletta dell’energia elettrica è possibile trovare la dicitura energia reattiva in opposizione all’energia attiva. Normalmente rilevata in quantità trascurabile, l’energia reattiva può diventare un problema quando supera una certa soglia. In questo articolo, vediamo la differenza tra energia attiva e reattiva, la sua definizione, il costo che può avere in bolletta e come ridurla qualora fosse troppo alta.

Energia reattiva: cos’è

L’energia reattiva è quell’energia elettrica che viene assorbita da macchinari, elettrodomestici e dispositivi connessi alla rete elettrica senza che essi siano in funzione o per produrre calore, forza o movimento.  

Venendo assorbita da macchinari non in funzione, a differenza dell’energia attiva, l’energia reattiva comporta delle perdite di rete che possono avere un impatto più o meno rilevante anche sulla bolletta dell’energia.  

L’unità di misura dell’energia reattiva è il kvarh, che sta per Kilo Volt Amper Reattivi all’ora, differente dal Watt (usato per indicare per la potenza) e dal kWh (usato per indicare l’energia attiva).

Energia reattiva in bolletta

All’interno della bolletta dell’elettricità, quella che viene pagata è esclusivamente l’energia attiva. Non per questo bisogna trascurare l’energia reattiva che, in alcune specifiche circostanze, può portare a essere soggetti a una penale.  

  • L’energia reattiva per le utenze domestiche ha normalmente valori trascurabili dal momento che nelle case non vengono mai impiegati macchinari altamente energivori.  
  • È invece molto più significativa per industrie e aziende, che impiegano macchinari e attrezzature che, a causa dell’induzione elettromagnetica e del relativo campo elettromagnetico, possono portare a un alto consumo di energia reattiva.

Penale energia reattiva 

Le utenze aziendali con una potenza superiore a 16,5 kW sono soggette a penali se il loro consumo di energia reattiva supera una certa soglia. Ma quando entrano in gioco? 

Sono soggette a penali le utenze aziendali per cui l’energia reattiva supera il 33% dell’energia attiva effettivamente consumata e trasformata. L’importo della penale aumenta in proporzione se l’energia reattiva supera il 75% dell’energia attiva.  

A quanto ammonta la penale stabilita da ARERA (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) e attualmente in vigore?

  • Per le utenze a bassa tensione è di 0,792 euro/kvarh dal 33% al 75%, e di 1,024 euro/kvarh oltre il 75%.
  • Per le utenze in media tensione, invece, la penale ammonta a 0,271 euro/kvarh dal 33% al 75% e di 0,351 euro/kvarh oltre la soglia del 75%. 

Energia reattiva ottimale 

L’indicatore da osservare per capire se la nostra utenza ha registrato un’energia reattiva ottimale è il fattore di potenza, che dovrebbe essere di 1, indicando cioè che corrente e tensione sono in fase e l’energia reattiva è minima e non causa sprechi significativi nella rete elettrica.  

L’energia reattiva inizia ad essere troppo elevata quando il fattore di potenza scende oltre il dato 0,95, ossia quando l’energia reattiva è pari o superiore al 33% dell’energia attiva.

Come ridurre l’energia reattiva 

L’energia reattiva è legata allo sfasamento tra tensione e corrente elettrica, indicato come abbiamo visto con il fattore di potenza tendente a 1 in condizioni ottimali. Quando il fattore di potenza è 1, corrente e tensione risultano in fase. 

Ma cosa fare se è inferiore? 

Se il fattore di potenza è inferiore a 0,95 (ossia la soglia dopo la quale vengono applicate penali per le utenze aziendali), è possibile riportarlo alla normalità con un’operazione chiamata rifasamento

Il rifasamento è un intervento sull’impianto che consiste nel collegamento di condensatori di rifasamento in parallelo ai carichi. I condensatori fungono da generatori di potenza reattiva, e forniscono l’energia reattiva necessaria che non viene così più prelevata dalla rete elettrica. Con questo intervento è possibile ridurre l’intensità di corrente circolante e, di conseguenza, lo sfasamento tra tensione e corrente, riportando il fattore di potenza al suo valore ottimale di 1 e diminuendo il costo dell’energia reattiva. 
Il rifasamento richiede calcoli tecnici precisi e deve essere progettato ed effettuato necessariamente da un elettricista esperto.

Rifasamento: quando è obbligatorio?

Per quanto il rifasamento sia consigliato quando il fattore di potenza è inferiore a 0,95, in alcuni casi questa operazione è richiesta obbligatoriamente dall’ente di distribuzione elettrica per abbattere le dispersioni di energia lungo la rete.  

Ma quando?  
Il rifasamento è obbligatorio per gli impianti a bassa tensione e con potenza impegnata maggiore di 15kW per cui il fattore di potenza medio mensile è inferiore a 0,7.  

In base alla modalità di ubicazione dei condensatori impiegati, esistono cinque diversi metodi di rifasamento:

  • distribuito,
  • per gruppi,
  • centralizzato,
  • misto,
  • automatico.

L’opzione migliore varia in base all’utenza e va quindi studiata da un elettricista esperto. 

I vantaggi del rifasamento 

Il rifasamento e la riduzione dell’energia reattiva hanno diversi vantaggi. 

  • Il primo vantaggio è di tipo economico: molto spesso un intervento di rifasamento si ripaga in risparmi nel giro di un anno di esercizio.  
  • Ma non solo: un intervento di rifasamento rende l’impianto più potente. Infatti, riduce il riscaldamento di diverse componenti dell’impianto, aumentando la disponibilità di potenza, e fa sì che gli interventi del limitatore, che causano uno stop al ciclo produttivo, siano ampiamente ridotti. 
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